Cammino di Carlo Magno, da Edolo a Vezza d’Oglio

da Viaggiare Zaino in Spalla
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Continuano le nostre avventure lungo il cammino di Cammino di Carlo Magno, alla scoperta della Valle Camonica.

Eccoci in quella che sarebbe dovuta essere l’ultima tappa del cammino ma che noi invece abbiamo spezzato, fermandoci a Vezza d’Oglio. Lungo questa tappa ci è successo di tutto, abbiamo persino aiutato a mungere le mucche!

Se siete curiosi di sapere com’è andata, seguiteci…

Diario di viaggio

18 Luglio  2019, in cammino da Edolo a Vezza d’Oglio

Ci siamo lasciati ieri sera a Edolo, dopo una bella cenetta e una passeggiata in città. Qui potete leggere il resoconto di ieri se lo avete perso.

Dopo una bella dormita rigenerante ci svegliamo pimpanti e pronte a rimetterci in marcia, scendiamo a fare colazione e con nostro stupore scopriamo che fuori piove. La montagna che dobbiamo scalare è letteralmente coperta da una coltre di nubi che non promette nulla di buono.

Notiamo che anche altri due pellegrini in bicicletta stanno aspettando di capire se il maltempo è passeggero e stanno valutano il da farsi, mentre addentano la loro colazione. Chiediamo ai gestori dell’albergo se, secondo loro, sia il caso di inoltrarci e loro ce lo sconsigliano vivamente. Ci consigliano di aspettare.

Aspettiamo. Intanto mangiamo. Ci affacciamo nuovamente, osserviamo la montagna e torniamo al tavolo. Passa un’ora e finalmente smette di piovere. Le nubi avvolgono ancora la cima ma sembrano meno minacciose e, se pur con un po’ di timore, decidiamo comunque di incamminarci.

Ci inoltriamo per le stradine del centro storico di Edolo, saliamo le viuzze lastricate, osserviamo con curiosità i ruderi di vecchie abitazioni di pietre e altre casette caratteristiche tipiche dei paesini di montagna. L’aria è umida ma non fastidiosa, il fresco ci permette di camminare senza accaldarci troppo e il tragitto diventa piacevole.

Cominciamo a salire sempre di più, lungo una vecchia stradina in pietra molto ripida. Le miei ginocchia cominciano a sentire la tensione, ogni tanto mi fermo e poi riprendo, aiutandomi con i bastoncini che fortunatamente alleviano la fatica dei miei passi. Ci lasciamo Edolo alle spalle e il paesaggio comincia a cambiare. Claudia è avanti, io approfitto per fare qualche foto.

Dopo un bel tratto arriviamo ad una stradina asfaltata, lasciamo da una parte la salita e ci addentriamo lungo la ciclopedonale. Comincia così la nostra avventura lungo il meraviglioso percorso di trekking che attraversa i boschi e i crinali della montagna.

Camminare in questo tratto mi riempie di gioia, la montagna è veramente splendida con le sue viuzze sterrate, le sue mulattiere, le casette arroccate, i boschi e gli spazi aperti immersi nel verde che ci permettono di poter osservare il panorama fino a dove lo sguardo si perde.

Ci sembra di essere dentro una cartolina, protagoniste del cartone animato Heidi che guardavamo da piccole. Un sogno!

La giornata si è trasformata al meglio, ora il sole scalda la nostra pelle e illumina ancor di più il verde intenso dei prati. Vecchi rifugi abbandonati si alternano a casolari in pietra, ancora disabitati. Probabilmente questi posti così silenziosi e desolati prenderanno vita durante la stagione turistica invernale. Nel frattempo camminiamo senza incontrare anima viva per chilometri, ma questo non ci dispiace.

Dopo diversi sali e scendi sui sentieri di montagna vediamo finalmente un cartello che da il benvenuto a Monno.

Arrivo a Monno

Ci dirigiamo al centro del paesello di Monno che si sviluppa tutto su una salita ripida, per la gioia delle nostre ginocchia. Incontriamo una signora di 77 anni che ci racconta qualcosa sulla sua vita e su come, ogni giorno, lei faccia quelle salite e quelle discese per andare e tornare dal suo orticello. Che bello sentire le storie di vita vissuta.

La vita in montagna è faticosa, non c’è dubbio, ma ammiro tantissimo queste persone così semplici eppure così forti. Io e Claudia, con il fittone e ormai già molto stanche, decidiamo di fermarci a pranzare in un bar del centro, ritrovo di ciclisti e di motociclisti. Sembra la classica trattoria casereccia dove un camionista si fermerebbe di sicuro. Ma qui non ci sono camion, né traffico. Quel rifugio, così accogliente che sa di casa, è davvero popolato e ci chiediamo dove fossero tutte queste persone che non abbiamo mai incontrato lungo il tragitto. Mangiamo un ottimo pasto caldo e devo essere sincera, una volta fermate, è dura riprendere il cammino. Ma abbiamo ancora parecchia strada da fare e se vogliamo arrivare ad un orario decente dobbiamo andare.

La ciclovia karolingia

Ci rimettiamo in cammino, il sole è sparito, la salita riprende e maledico il momento in cui abbiamo lasciato quel bel posticino caldo e accogliente.

Siamo in alto e il paesaggio è indubbiamente bellissimo. Le sassaie però ci distruggono i piedi. Dopo un bel po’ di strada incontriamo finalmente il cartello che ci avvisa che stiamo entrando nella famosa Ciclovia Karolingia che dovrebbe essere la pista da tenere per tutto il percorso fino a Ponte di Legno. Entriamo nella ciclovia e seguiamo le frecce rosse del Cammino di Carlo Magno che fin qui ci hanno sempre indicato la via in modo chiaro.

Stradine sterrate si alternano a mulattiere scoscese, il percorso è tortuoso ma piacevole. Ci si immerge sempre più nella fitta boscaglia e incontriamo un torrente dal forte gettito d’acqua. L’aria è frizzante e ci avvolge. La natura rigenera. Non so se avete mai provato l’ebrezza di camminare nei boschi, io lo adoro.

Le frecce rosse disegnate nei tronchi ci indicano il percorso, i sentieri sono ancora abbastanza praticabili nonostante ci abbiano avvisato che in questo tratto ci saranno importanti deviazioni dovute alle frane dei mesi precedenti. Andiamo avanti, la stanchezza si fa sentire, a tratti ci riposiamo per addentare della frutta e bere un po’ d’acqua.

Ad un certo punto del percorso cominciamo a scorgere qualche albero in mezzo al sentiero, dobbiamo scavalcare, aggirarlo, con addosso i nostri pesanti zaini e le gambe ormai stanche.

Il percorso si fa sempre più impervio, comincio a preoccuparmi, le deviazioni ci fanno prendere sentieri a malapena battuti e con pendenze importanti. Scendiamo sul dorsale della montagna con fatica, spesso aiutandoci con le bacchette, altre volte sostenendoci con i tronchi, altre ancora mettendoci a terra e scivolando di sedere per non rischiare di cadere.

Le ginocchia doloranti e il peso dello zaino mi mettono in serie difficoltà ma Claudia mi incoraggia “pian piano ce la facciamo”. Ci aiutiamo a vicenda e non riesco ad immaginare come avrei mai potuto fare questo tragitto da sola, credo che per me sarebbe stato davvero troppo. Ringrazio Claudia per esserci, mi commuovo e ci abbracciamo. Forza!

Dopo varie peripezie, parolacce e risate isteriche, immaginiamo la voce di Antonio Votino (il nostro nuovo amico ideatore del cammino di Carlo Magno che nella prima tappa ci ha accompagnate fino a Boario Terme) che ci rassicura dicendoci “ancora un ultimo sforzo, stiamo arrivando”. Ci ritroviamo a ridere mentre cerchiamo di non farci prendere dal panico.

Superiamo i grossi alberi caduti che sbarrano il passaggio, seguiamo le frecce, siamo stanche ma dobbiamo superare un ultimo importante ostacolo. Dobbiamo scendere sul crinale per poi risalire sulla strada, che però risulta troppo alta da scavalcare. Claudia rischia di rotolare giu malamente ma per fortuna un albero frena la sua caduta. Io mi tolgo lo zaino e lo lancio sul sentiero, poi raccolgo tutte le forze in mio possesso e cerco di arrampicarmi, rotolando poi sul terreno sterrato della ciclovia. Do poi una mano a Claudia per risalire.

Ce l’abbiamo fatta!!!

Una pausa inaspettata

Siamo stremate, le gambe ci reggono appena, camminiamo sul sentiero della ciclovia per inerzia. Guardiamo l’orario, è pomeriggio inoltrato e non siamo ancora arrivate a Vezza d’Oglio, figurarsi proseguire per Ponte di Legno. Per fortuna abbiamo deciso di spezzare la tappa. Mancano però ancora tre chilometri all’arrivo e noi siamo davvero stanche. Io comincio a zoppicare, il ginocchio fa i capricci. Ho bisogno di fermarmi. Arriviamo ad un bivio, su un terreno con delle mucche. Non c’è anima viva. Claudia si ferma a riposare un pochino mentre io arrivo subito dopo.

mucche e mulattiere

Comincia a piovere. Scorgiamo un agglomerato di abitazioni, la frazione di Davena, e speriamo di trovare un posto dove poterci fermare per una sosta ma l’unico bar rifugio è chiuso. Non c’è anima viva in giro, nessuno a cui poter chiedere gentilmente aiuto. Chiamare un taxi che ci porti a Vezza d’Oglio è impossibile.

Ci ripariamo un pochino sotto le abitazioni. Appena smette di piovere ci sediamo in una panchina, togliamo le scarpe e cospargiamo i piedi e le ginocchia con la miracolosa pomata all’arnica. Questa pausa ci da un pochino di sollievo e decidiamo di rimetterci in cammino per l’ultimo strappo.

Risaliamo verso il bivio per riprendere la ciclovia ma con nostro stupore sul terreno dov’erano le mucche ora c’è anche un signore anziano che sta accudendo il suo bestiame. Ci fermiamo ad osservarlo, lui ci sorride e comincia a parlarci. Ci chiede dove siamo dirette con quei grossi zaini e ci offre un po’ di latte appena munto.

Questo incontro è uno di quelli che non scorderemo mai e il signor Ilario sarà il nostro angelo del cammino che terremo per sempre nei nostri cuori.

Gli raccontiamo la nostra avventura e lui si offre di accompagnarci a Vezza d’Oglio dove vive, ma non prima di aver munto le sue due mucche. Noi ci offriamo di aiutarlo, molliamo gli zaini da una parte e saltiamo il recinto. Claudia lo aiuta a mungere e a mandare via le mosche mentre io faccio le riprese e rido come una matta. Assaggio il latte caldo, è davvero buono. Il signor Ilario è molto simpatico e gentile, ci racconta che deve mungere prima di tornare a casa a preparasi per andare a sentire il concerto della nipotina. Ci racconta di lei e della sua famiglia, tutto orgoglioso, e noi ascoltiamo affascinate e grate per quell’incredibile incontro che, come per magia, fa sparire tutte le fatiche e le peripezie della giornata.

Non so per quanto ci siamo trattenute con le nostre nuove amiche ma il tempo sembra essere volato. Incredibile come il tempo si percepisca in modo diverso se si è presi a fare qualcosa di piacevole. Finalmente possiamo andare, Ilario ritira il secchio e l’attrezzatura e noi lo aiutiamo a caricare le taniche del latte nel fuoristrada. Buttiamo gli zaini dietro e saliamo nella Jeep.

La nostra giornata non poteva concludersi meglio.

L’arrivo a Vezza d’Oglio

Arriviamo a Vezza d’Oglio e salutiamo il nostro eroe. Ci dirigiamo pii verso il nostro alloggio La Posta Noa, un bellissimo albergo a conduzione familiare dove ci sentiamo accolte e coccolate dall’ospitalità tipica della Valle.

Facciamo una doccia calda, la famiglia che ci ospita ci permette di fare la lavatrice, io intanto metto il ghiaccio nel ginocchio e ci riposiamo un pochino prima di cena. Usciamo che c’è ancora tanta luce, l’estate qui è frizzante e luminosa. Facciamo un giro per il paese, molto grazioso e pieno di turisti. Ci fermiamo in una bancarella di prodotti tipici e scambiamo due chiacchiere con i titolari che ci fanno assaggiare alcune specialità.

Scende la sera e per cena decidiamo di ordinare una pizza in camera dalla pizzeria che c’è sotto l’albergo. Una comodità che ci permette di riposare e concludere in relax la nostra lunghissima giornata.

Domani ci attende lultima tappa ma il mio ginocchio è ancora molto dolorante. Speriamo di riuscire a concludere questo cammino al meglio. Ponte di Legno ci aspetta!

Sylvié

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