E’ proprio vero, fare il Cammino di Santiago rende felici e in un certo senso ti cambia la vita. O per lo meno ti da quello scossone utile per poterci rimettere in gioco. Ci aiuta a riflettere, a cambiare prospettiva. Sopratutto se intrapreso in solitaria. Ecco perché lo consiglio sempre a tutte le donne.
Il cammino di Santiago è veramente un’esperienza incredibile. Ma bisogna essere consapevoli del fatto che, una volta tornati dal cammino, nulla sarà più come prima. Siete pronti a rischiare?
Come ho scoperto il cammino di Santiago
Ho sentito parlare per la prima volta di Cammino di Santiago nel lontano 2003, da una mia carissima amica. Lei aveva sentito a sua volta i racconti di un parente che lo aveva percorso e ricordo che mi descrisse quest’avventura come una di quelle esperienza che ti cambiano la vita. Come darle torto.
Naturalmente ne rimasi colpita e quel piccolo semino rimase per anni latente finche un giorno germogliò nel mio cuore. Nel 2016 l’interesse verso questo cammino si risvegliò e si manifestò con una profonda voglia di camminare in mezzo alla natura. Improvvisamente riaffiorarono alcuni ricordi di bambina, probabilmente seppellito nei meandri della mia mente.
Da bambina sognavo infatti di girare il mondo a piedi, sorretta da un bastone e con dietro solo uno zaino nelle spalle. Ogni volta che da piccola vedevo un sentiero sognavo di percorrerlo a piedi, perché ero curiosa di sapere dove mi avrebbe condotta. Ero molto creativa e fantasiosa nei miei giochi avventurosi e facevo sempre incredibili viaggi mentali.
Pian pian quella voglia di avventura e di libertà ritornarono a galla con insistenza e cominciai a pensare che forse potevo veramente realizzare quei sogni. Il viaggio è sempre stato parte di me e questo me lo sono ricordata proprio lungo il cammino di Santiago, attraversando le vaste mesetas spagnole.
Prendere la decisione di partire
L’idea di percorrere così tanti km a piedi da sola cominciò a frullarmi in testa seriamente a fine 2016, dopo un periodo piuttosto difficile. Decisi di riprendere in mano i miei vecchi sogni e di affrontare le paure che mi impedivano di superare certi limiti. Ad esempio il mio limite fisico, legato alla mia traballante salute.
Ero sempre stata frenata dalle mie patologie pregresse, come quella al fegato con una particolare insufficienza epatica che mi portava spesso a picchi di spossatezza improvvisi e ad un affaticamento veloce. Camminare per tanti km non sarebbe stato affatto facile.
Nonostante la paura di dover percorre tanti chilometri in solitaria e di non farcela, per via dei miei problemi di salute, decisi comunque di partire. Ero molto determinata e mi allenai per mesi. Trovai in rete tanti pellegrini disposti a sostenere i miei passi, con tanti consigli utili, e per me questa fu un grande paracadute.
Per tutto l’inverno mi allenai senza tregua e mi preparai alla mia partenza. A gennaio feci finalmente i biglietti per partire in primavera. Il Cammino di Santiago era finalmente un sogno da concretizzare.
Imparai a fare lo zaino e a scegliere l’attrezzatura tecnica. Cominciai anche ad informarmi sulla storia del cammino. Non mi interessava molto la parte religiosa ma volevo sapere di più su questo itinerario Jacobeo e sul suo lato storico, legato anche ai templari e al paganesimo.
Nel 2017 il sogno divenne finalmente realtà e a fine Aprile partii alla volta dei Pirenei, per cominciare il mio cammino di Santiago in solitaria.
Un po’ di notizie storiche
Leggendo e ascoltando i racconti e le toccanti esperienze dei pellegrini, scoprii che il cammino di Santiago era una meta spirituale molto più antica del Cristianesimo.
Tecnicamente il cammino di Santiago de Compostela è un pellegrinaggio cattolico che conduce alla Cattedrale dove, si dice, siano custodite le spoglie di San Giacomo. In realtà il cammino affonda radici ancora più antiche della venuta del Cristianesimo. I suoi sentieri erano percorsi ancor prima da viandanti e druidi di tutta Europa, che volevano arrivare in Galizia per raggiungere la fine del mondo conosciuto.
Si narra infatti che “El camino de Santiago de Compostela” sia stato un cammino di origini pagane che un tempo veniva chiamato La Via delle Stelle, per la sua strabiliante posizione che seguiva quella della via lattea. Ancora oggi si ricorda questo appellativo su una scritta esposta sul monte Alto del Perdon che dice:
“Donde se cruza el camino del viento con el de las estrellas” – Dove si incontra il cammino del vento con quello delle stelle.
Probabilmente è per questo motivo che il km 0 si trova a Finisterre e non a Santiago de Compostela. L’antico pellegrinaggio, infatti, conduceva proprio a Finisterre (fine della terra) dove ora si trova il paletto del Km 0 che un tempo rappresentava la fine del mondo. Oltre il mare, si credeva infatti che non vi fosse null’altro se non l’immenso e misterioso Oceano.
Anche per questo, la maggior parte dei Pellegrini di Santiago, terminano il proprio cammino li.
Il cammino Francese, in particolare, è famoso anche per le sue architetture e leggende legate ai famosi Templari. Una cosa questa che mi ha incuriosita e affascinata da subito, tanto da spingermi a scegliere la via Francese tra le sei a disposizione. Da ragazzina, infatti, sono sempre stata attratta dai racconti sui cavalieri templari e sul famoso Graal. Questo, a dirla tutta, è stato anche uno dei diversi motivi per cui ho scelto di fare il cammino di Santiago nonostante non sia mai stata una grande religiosa.
Le 6 vie per Santiago
Come appena accennato, esistono molte vie per arrivare a Santiago de Compostela ma le 6 vie più conosciute e percorse sono:
- la Via Francese
- la Via Portoghese
- il cammino Inglese
- il cammino del Nord
- il Primitivo
- la Via della Plata
Tutti i cammini arrivano a Santiago de Compostela, in Galizia, la regione più a ovest della Spagna.
La via più battuta in assoluto è sicuramente il cammino Francese, lungo circa 800 km, che parte da Saint Jean Pied de Port, un piccolo paesino della Francia ai piedi dei Pirenei.
Il cammino Francese è diviso in 30 tappe principali che però uno può spezzare a piacimento, percorrendo il cammino come meglio crede e secondo le proprie necessità.
Io ad esempio ho dovuto suddividere la maggior parte delle tappe e percorrere il cammino in estrema lentezza, per non affaticarmi troppo. Inoltre, per via di una tendente, ho dovuto fermarmi a metà strada e spezzare l’intero cammino in due volte, il primo anno da SJPDP a Leon e l’anno dopo da Leon a Finisterre.
Come dicono i pellegrini “El camino es la meta” quindi non è importante la meta in sé ma il cammino che si percorre.
Cammino spirituale e metafora di vita
Ogni passo sul cammino di Santiago ci riporta indietro al passato, quando genti provenienti da tutto il mondo passavano per Santiago e raggiungevano Finisterre. E proprio come allora, ogni anno migliaia di persone continuano a percorrere queste vie ricche di energia e spiritualità, ognuno con la propria motivazione e la propria speranza nel cuore.
Il cammino di Santiago è il cammino di tutti, di qualunque nazionalità, religione o età.
Una cosa che ho imparato, da quando sono diventata una pellegrina, è che il cammino di Santiago non è altro che una metafora della vita stessa. Ogni difficoltà incontrata sul sentiero rispecchia proprio la nostra lotta quotidiana e l’avanzamento che facciamo verso la nostra felicità.
Lo zaino, poi, diventa metaforicamente la nostra casa e il suo peso rispecchia quello che ci trasciniamo nella vita, fatto di attaccamenti a cose o situazioni spesso inutili. Zavorre che rallentano il nostro cammino e la nostra crescita interiore.
Ogni passo in avanti fatto sul cammino è una vittoria che facciamo sulla vita, ricucendo le ferite del cuore ancora aperte. Camminando ci scrolliamo di dosso il superfluo per far spazio all’immensità e alla bellezza delle cose veramente importanti.
L’arrivo a Santiago, infine, segna l’inizio del nostro grande viaggio che è la vita. Difronte alla Cattedrale ci renderemo conto che la vera meta è il cammino stesso e capiremo che il nostro cammino non è affatto finito. Chi arriverà a Finisterre avrà la consapevolezza, difronte all’immensità dell’Oceano, che la fine è solo l’inizio.
Per questo, e per mille altri motivi che non sto ad elencare, vi consiglio di fare questa splendida esperienza. Non importa se ne farete anche solamente una piccola parte, gli ultimi 100 km o tutto per intero, l’importante è vivere la magia del cammino intensamente perché sarà un modo per imparare a conoscervi meglio. Camminare in solitaria, poi, vi permette di ascoltarvi, amarvi, imparare ad abbracciare la vita e il mondo aprendovi maggiormente agli altri e magari trovando anche dei nuovi compagni di cammino.
Il cammino rende felici? Quel che è certo è che sicuramente ci arricchisce.
Unica contro indicazione: crea dipendenza. Il senso di libertà che ne deriva dal percorrere così tanti chilometri a piedi da soli o in compagnia, crea un desiderio di libertà che i pellegrini chiamano “santiaghite“.
Per fortuna non esiste cura!
Buon Cammino a tutti!!
Sylvié